Dopo le giornate con Antonio Latella e Federico Bellini, è iniziato il “nostro” percorso con Maria Grazia Cipriani, fondatrice e regista del Teatro Del Carretto.
Con lei, ad affiancarla alla guida di questo workshop, l’attore e regista Paolo Civati.
Lavoriamo sul tema proposto da Antonio Latella, vite d’artista interrotte come quella di Amy Winehouse.
Persona-personaggio così grande e (apparentemente) distante da noi, ma che rivela su
bito le sue fragilità che ci appartengono.
Facciamo un passo indietro.
Nell’ultimo incontro con Latella e Bellini, proprio nell’ultima ora della mattinata di confronto, si è arrivati a discutere della situazione che caratterizza il teatro, in generale in Europa e in particolare in Italia: crisi della programmazione, del pubblico, dei linguaggi, e soprattutto (ahinoi il nodo forte è lì) la questione economica.
È un tema che irrompe spesso nel dibattito, anche quello “puramente” artistico, perché la-situazione-è-quella-che-è, perché ci riguarda, perché non possiamo ignorarla, bisogna affrontarla e provare a risolverla.
Ad un certo punto, in un clima quasi teso (più che nei confronti di qualcuno, indirizzato forse a noi stessi e alla nostra difficoltà a reagire davvero), una ragazza ha giustamente osservato, tra l’altro, che di sicuro quello dove ci troviamo ora, La Biennale – il College, è un sogno, è un luogo nel senso più ampio del termine che abbiamo per riprenderci spazi-tempi-necessità: è il nostro sogno.
Questa cosa si è fissata nella mia testa, soprattutto (immagino) per la sua semplicità.
E torno al lavoro con Maria Grazia Cipriani e la poetica che appartiene al Teatro Del Carretto.
Sempre nell’ultima ora, questa volta il primo giorno, dopo una mattinata di conoscenza personale e prima conoscenza teatrale; chiedo a Maria Grazia
, rispetto alla strada aperta nelle ore precedenti, che cosa avessimo vissuto “esattamente” nel lavoro fatto con lei fino a quel momento. Messa così, non dice molto la domanda, ma era un “bisogno d’attore”. Beh, partendo da un’azione scenica costruita intorno al sogno – in cui non riuscivo ad “entrare”, perché (a posteriori) credo partissi da un punto di vista errato, il che non è male per un attore! – Maria Grazia mi ha chiesto di vivere quel momento, e quindi tutto il percorso di lavoro in scena, come il “nostro sogno”. In questa parola, in quello che è già stata l’esperienza dei primi giorni, c’è una chiave così importante da aprire un mondo, quello dell’attore.
Devo ricordarmi sempre delle cose che mi restano impresse, davvero.