Chi l’avrebbe mai detto che dopo anni che mi diverto a scrivere cose, racconti, commenti, poesie sarei finito a recitare (indegnamente) la parte del “Poeta Lucano” al Parco della Grancia.
L’occasione mi è stata fornita dai miei splendidi amici (e maestri) Mimmo Conte e Carlotta Vitale della compagnia Gommalacca Teatro di Potenza i cui laboratori teatrali frequento con divertimento da alcuni anni.
Una telefonata, qualche incontro ed eccomi qua, in pantalone di lana e gilet a interpretare un ruolo da “animatore”, non che non mi sia capitato di partecipare a reading, di leggere le mie cose in pubblico ma qui la dimensione è diversa.
Passo il pomeriggio a raccontare poesie tra un intervento veemente della Brigantessa, che racconta la sua storia poco a monte della mia postazione, e il tavolino affollato della cartomante a valle. Ogni tanto allungo il collo per sbirciare verso l’alto, nella speranza di rubare una  scena del Monaciello, che imperversa tra i visitatori tormentando e irridendo come per sua natura.

U’ Munaciedd, quanti dei suoi sorrisi sornioni hanno punteggiato la mia vita.

Sono chiamato ad interpretare un ruolo e, quindi, mi sono dovuto ripiegare a studiare, a cercare, a tessere un filo “narrativo-poetico” che potesse rappresentare, secondo il mio punto di vista, la poetica lucana.

Non è stato affatto facile districarmi tra giganti del calibro di Albino Pierro, Rocco Scotellaro, Vito Riviello o Leonardo Sinisgalli, dosare le mie capacità di lettura con i versi di Isabella Morra o di Beatrice Viggiani, e neanche ricercare tra Panetta, Pecoriello, Parrella, Stolfi, Trufelli e tanti altri, equilibrare usando autori più recenti, dalla mia amica Novella Capoluongo a Lorenza Colicigno, fino ad arrivare ai miei sodali del libro “4 Stagioni potentine”, Gianfranco Blasi, Leonardo Pisani e Bonaventura Tancredi, o ai miei amici della Val d’Agri: Biagio Russo e Franco Vetrano e, naturalmente, alle mie poesie.
Ci ho provato e ci provo ancora, cercando di mischiare il vecchio e il nuovo, l’antico e il moderno alla ricerca di una chiave di lettura della poesia lucana, vorrei inserire altri autori che stimo e conosco come Giancarlo Tramutoli o Luca Salvatore i cui lavori, in questo marasma che sono stati gli ultimi giorni, non sono riuscito ad avere sottomano.

Ciò che maggiormente mi colpisce sono le reazioni dei visitatori della Grancia: pugliesi, campani, piemontesi, lombardi, toscani, lucani, non è mica facile attirare la loro attenzione, la poesia un po’ spaventa e, perché no, magari un po’ può annoiare.
Le reazioni sono sorprendenti, non è il pubblico preparato o già disposto emotivamente ad accogliere una poesia, per intenderci quello dei reading o dello slam, sono normali famiglie che visitano un Parco per passare una giornata, per divertirsi, persone in vacanza eppure……
Eppure l’impatto emotivo sovente è fortissimo, ho visto lacrime inondare occhi, ho visto sorrisi aprirsi all’improvviso, ho visto facce distratte passare, captare un verso, e istantaneamente bloccarsi per tornare indietro ad ascoltare.

La poesia non è un gioco!
Magari non arriva a tutti, magari occorre lo stato d’animo giusto o la giusta empatia con quei versi che in quel momento vengono ascoltati, ma quando la magia accade, le reazioni sono fortissime, gli stati d’animo di accendono, gli occhi si sgranano, espressioni compaiono e scompaiono veloci come nuvole in un cielo ventoso, sorrisi si aprono come squarci di azzurro.
Una coppia di signori di una certa età si ferma, lei mi guarda curiosa, tra i due corrono occhiate e sorrisi complici, ho quasi la sensazione che si siano fermati per gioco, un po’ per divertirsi alle mie spalle, come talvolta pure capita. Lei si siede e mi guarda intensa, lui ridacchia sotto i baffi e io, perfidamente, -sì, lo confesso: l’ho fatto a bella posta- gli leggo una cosa che pare scritta proprio per loro, una poesia che parla di vecchi amori, di complicità, di quella scintilla che, non sempre, riesce ad accendersi in una coppia e a durare tutta la vita.Lo sguardo di lei vacilla, si illanguidisce, sorride, Lui non lo vedo sono concentrato sulla lettura e riesco a malapena, ogni tanto, a dare uno sguardo alla donna che mi è seduta di fianco e verso cui sono rivolto. Quando finisco, alzo lo sguardo e vedo lei che sorride mentre passa il fazzoletto al marito che piange a singhiozzi, la donna si alza, gli stringe la faccia tra le mani e lo bacia. Quando si staccano un filo sottile di muco corre tra il naso piangente dell’uomo e quello della donna e non mi pare di aver mai visto filo più resistente e durevole di quello.

La poesia non è un gioco!
Magari sarà anche facile prendersi gioco dei poeti, è facile fare i critici, dando patenti a destra e sinistra di cialtrone o di grande poeta secondo il momento o il gusto personale.
La verità, a mio modesto parere, è che i poeti sono tutti grandi, dato che è l’atto in sé ad essere grande, la capacità di esprimere qualcosa che tocchi corde emotive è un atto grande ed anche generoso.
Poi vi sono le grandi poesie, quelle immortali che restano per sempre, ma quelle solo il tempo e il comune riconoscimento di molte anime riescono a riconoscerle e a immortalarle, non c’è bisogno di critici o sapienti locali per riconoscere “L’Infinito”.
La poesia non è un gioco…
Questa esperienza al Parco della Grancia, insieme con la compagnia Gommalacca Teatro di Potenza, più che mai, mi ha reso evidente questa verità.

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