È stato un viaggio intenso ed emozionante. Anche un po’ inaspettato.

Avevamo conosciuto Giulia quando era venuta a trovarci in Cilento, un anno prima, per partecipare alla residenza Transluoghi– un progetto formativo e di ricerca sulle aree interne, che intreccia etnografia, innovazione sociale e sviluppo artistico e culturale, lavorando attivamente con le comunità dei territori in cui opera.

Un percorso di ricerca/azione, che non poteva non condurci a Mimmo e Carlotta, a Gommalacca e ad Aware.

Avevamo conosciuto Giulia un anno prima, e il potere delle relazioni tra le persone aveva fatto, come sempre, il suo. «Sto lavorando con una compagnia teatrale che ha sede a Potenza, nel quartiere del Serpentone. Abbiamo intenzione di costruire una nave gigante che viaggia su strada, e di mettere in scena uno spettacolo itinerante che parli all’Italia e all’Europa intera dell’identità della Basilicata contemporanea. La storia dello spettacolo sarà scritta da un giovane drammaturgo pugliese; vi va di aiutarci a raccogliere il materiale che servirà da fonte per la sceneggiatura? Il materiale che cerchiamo sono le persone».

È stato un viaggio intenso, emozionante e inaspettato proprio per loro, per le persone che abbiamo incontrato lungo il nostro cammino alla scoperta dell’identità – meglio, delle identità – meglio ancora, delle entità – della Basentana. Quel pezzo di Lucania i cui caratteri attuali, malgrado l’eco, pure indubbia, della Capitale Europea, risultano ancora sostanzialmente inesplorati; sconosciuti e sottratti al racconto mainstream del territorio di oggi; spesso relegati al proprio passato, a una storia che non gli appartiene più.

Con gli abitanti del rione Cocuzzo (il Serpentone), di Albano di Lucania, di Ferrandina, di Calciano e del quartiere Agna, alla periferia di Matera, abbiamo provato a ripercorrere proprio quel passato e a superarne la narrativa totalizzante, per indagare, invece, i desideri e le paure presenti delle cinque comunità, e proiettarli nell’avventura futura della Nave di Aware, carica appunto dei timori e delle aspettative, dei dogmi e delle incertezze, delle gioie e dei dolori del suo equipaggio eterogeneo.

Le attività dei laboratori – laboratori intergenerazionali di comunità, condotti attraverso strumenti di indagine, anche ludici e creativi, che fanno riferimento agli ambiti della rigenerazione urbana, dell’etnografia, della maieutica reciproca e del co-design – ci hanno permesso di confrontarci con un’ampia gamma di persone – dai ragazzi e le ragazze delle scuole medie ai papà e alle mamme dei comitati di quartiere, dagli studenti fuorisede ai migranti dei centri di accoglienza, fino agli anziani dei centri ricreativi.

E ci hanno dato la possibilità di affrontare, con loro, argomenti e tematiche che riguardano tanto il loro vissuto personale, quanto la più generale storia lucana e globale – dal rapporto, spesso critico, tra l’abitante e il suo paese, o tra il quartiere e la città, alle posizioni individuali e collettive sull’accoglienza e sull’incontro con l’altro; dalle suggestioni provocate dall’idea del viaggio e della migrazione, alla convivenza, spesso sofferta, con le tinte folkloristiche affibbiate all’immagine della propria terra.

Un percorso, ancora una volta, di ricerca/azione collettivo, che ci ha riempiti e arricchiti di emozioni e contenuti nuovi ad ogni incontro.

Non dimenticheremo mai: Nadia, i suoi 13 anni e le sue identità multiple; Salvatore, i suoi 90 e più anni, gli occhi di ghiaccio e le mani nodose; Ciccio, i suoi 16 anni e una vita di scelte davanti.

Non scorderemo loro, né tutti gli altri; come non scorderemo i paesaggi che abbiamo attraversato, gialli come il Sole, caldi del calore di chi li vive. Da loro non ci allontaneremo nemmeno adesso che il nostro lavoro si è concluso; ci sentiamo ormai parte anche noi, insieme a Mimmo, Carlotta, Giulia e a tutti gli attori di questa operazione meravigliosa, della grande ciurma che sta per salpare al largo della Basilicata.

Ed è per questo che vogliamo ringraziare tutti: per essersi scoperti e averci coinvolto generosamente in un pezzo di sé, e per aver messo in gioco la propria awareness, la propria consapevolezzacirca il mondo che vivono e che vorrebbero vivere.

Cime tirate, dunque, ciurma!

«Grazie di tutto il pesce»e che il vento possa soffiare sempre in poppa.

Rosa Lo Monte, Liviano Mariella, Daniele De Stefano

ReCollocal piattaforma di rigenerazione urbana dal basso